tag:blogger.com,1999:blog-32250512009-03-01T09:54:12.763+01:00Araba FeniceTracce sulla spiaggia dell'Anima.Ennionoreply@blogger.comBlogger20125tag:blogger.com,1999:blog-3225051.post-75447389862350001432007-11-04T19:10:00.001+01:002007-11-04T19:10:15.238+01:00prova2Ennionoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3225051.post-91710761183611994992007-11-04T18:27:00.001+01:002007-11-04T19:02:55.540+01:00<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://www.dracolair.com/images/phoenix_complete.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px;" src="http://www.dracolair.com/images/phoenix_complete.jpg" alt="" border="0" /></a><span style="font-family:verdana;">Questo blog sta per compiere ben 6 anni.<br />Bisogna ammettere che non vi ho dedicato molto tempo e sforzo, nonostante fosse sempre nei miei propositi farlo.<br /><br />Nel frattempo molte cose sono cambiate. Quando ha aperto i battenti i blog in Italia erano per lo più sconosciuti e comunque era imprevedibile l'uso attuale.<br /><br />Io stesso ho cambiato prospettiva perché sono invecchiato o perché sono maturato e il nome precedente "Nowhere's memory" non rispecchierebbe più i miei intenti e persino l'anglofonia di quel titolo, che faceva parte dei tempi, non trova più alcun posto nel mio linguaggio di oggi.<br /><br />Ho dato delle svolte significative ai miei siti di allora, alcuni li ho chiusi e ne ho aperti di nuovi. In particolare, accanto ad <a href="http://www.ennio.martignago.name/">ennio.martignago.name</a> si sono aggiunti <a href="http://www.cambiare.org/"><span style="font-weight: bold;">cambiare.org</span></a> (questo più di altri attivo) e <a href="http://www.clinicapsicologica.it/">clinicapsicologica.it</a>, mentre rimane vivo e vegeto il blog <a href="http://www.aiuti.com/index1.html">Personal Coaching</a> di <a href="http://www.aiuti.com/">aiuti.com</a>.<br /><br />L'accento "poetico" (nel senso Jacobsoniano) del blog originario non è nelle corde del mio scrivere attuale e la destinazione del blog è soprattutto quella della lista di distribuzione rivolta alle persone con cui ho condiviso percorsi ed esperienze, oltre, naturalmente, a quanti troveranno sintonie in queste pagine.<br /><br />Oltre alla "dimenticanza", che era soprattutto ridimensionamento della prospettiva archeologica tipica dei più noti approcci psicoterapici, il richiamo alla Fenice mitologica vuole sottolineare il valore del "cambiamento", non tanto nel senso semplicistico di certi filoni statunitensi, quanto del "rinascere" dell'anima che viene dal riconoscere il proprio essere "Ignoto a me stesso".<br /><br />Questa però è una delle poche occasioni in cui voglio usare questi termini "elitari": oggi infatti penso ancor più di ieri che se hai da dire qualcosa puoi farlo con parole semplici, anche se non banali, in questo modo rivolgendoti tanto ai "coscritti" che ai "frequentatori".<br /><br />Per chi intenda fin da subito iscriversi alla lista sarà sufficiente che invii il messaggio vuoto all'indirizzo che comparirà <a href="mailto:fenice-subscribe@aiuti.com">cliccando qui...</a><br /></span>Ennionoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3225051.post-1127907412170790622005-09-28T13:12:00.000+02:002005-09-28T13:37:41.380+02:00<span style="font-weight:bold;">Tanti frutti dello stesso tronco</span><br />Fu probabilmente Freud, ed essenzialmente per proteggerla dagli attacchi dell'istituzione accademico-sanitaria dell'epoca, il primo a passare da uno stile a una scuola e a "registrare il marchio" del suo metodo. Prima e accanto a lui sarebbero stati molti a poter fare lo stesso: da Charcot che ebbe come allievo il grande Janet (che a sua volta ebbe non pochi epigoni) a Bleuler, allo stesso Groddek. La necessità di "istituzionalizzarsi", di farsi "torah", era particolarmente sentita dal rabbinismo psicanalitico degli esordi, al punto che tutte le Società Psicanalitiche ufficiali la difendono a spada tratta con estensioni normative e gestioni rigide anche quando il mondo attorno gli sta crollando addosso.<br />Dopo di lui gli altri maestri non perdettero occasione di farsi delle parrocchie, ma non sempre furono altrettanto difensivi. Quello che non fecero i padri lo imposero comunque i figli che, dopo avere investito tempo, passione e denaro volevano distinguersi da quanti si richiamavano al "nome del padre" da "illegittimi".<br />I maestri non persero mai l'occasione di farsi la guerra e soprattutto di disconoscere il passato. Eppure dietro ogni moderna teoria c'è una storia personale e professionale che attraversa le principali teorie degli altri. Così Bert Hellinger, dopo avere attraversato la gestalt, la psicanalisi, la terapia familiare di Satir, l'AT, lo psicodramma... ha dato un nome al suo operare, al suo stile, chiamandolo "Costellazioni Familiari", così come Satir aveva consolidato la sua tecnica sulle basi dell'insegnamento di Perls, il quale ha sempre manifestato odio per la psicanalisi non prima di aver fatto l'esame con Freud, dopo essersi formato con Horney e Reich. Lo stesso vale per un altro negatore della psicanalisi come Don Jackson, padre della terapia della famiglia, che si era formato con Sullivan. E potremmo andare avanti così a lungo.<br />Per questo, guardatevi voi allievi di qualche scuola a non credere troppo alla sua unicità distintiva: tutti i rami della psicoterapia si incrociano e partono dallo stesso fusto. L'importante è avere una formazione rubusta anche sotto il profilo dell'empatia e della relazione, la gestione della frustrazione e dei propri meccanismi interni.<br />Poi finirete per sviluppare un vostro proprio stile e forse alla fine ne trarrete un libro e formerete i vostri allievi.<br />In quel momento, per favore, non date un titolo scolastico al vostro stile: chiamatelo solo stile e non fate prigionieri. Tutto quello che potrete fare ha già fin d'ora innumerevoli precursori anche e soprattuto fra quelli che avete imparato a disprezzare.Ennionoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-3225051.post-1127895944588660212005-09-28T09:21:00.000+02:002005-09-28T10:45:04.953+02:00<strong>Grandi psicoterapeuti, grandi follie.</strong><br />"Fai per come predico e non per come razzolo", vorrebbe essere il motto di gran parte degli psicoterapeuti passati alla storia.<br />A partire da Freud, il quale comprese così bene i meccanismi nevrotici proprio grazie alla sua nevrosi, praticamente quasi tutti i discepoli del viennese si tormentarono in follie più o meno accentuate, come Sandor Ferenczi o Otto Rank. Per non parlare poi di Jung le cui stesse memorie lasciano intuire come possa avere attraversato, nel periodo successivo alla separazione da Freud, una fase dissociativa che per un intero decennio lo fece ritirare dalle scene. Per Milton Erickson invece fu la poliomelite recidivata a procurargli anche profonde sofferenze psicologiche, mentre il padre della terapia dela famiglia, Don Jackson, non riuscì a sopportare la sua sofferenza psichica e scomparve precocemente. L'instabilità e la depressione erano il chiodo nella carne per quello che fu probabilmente il terapista più vitale e positivo, l'inventore della terapia della gestalt Friz Perls. E potremmo andare avanti a lungo. Insomma, contrariamente a quanto il senso comune dovrebbe portare a ritenere, uno psicoterapeuta psicologicamente instabile non sarebbe da evitare, almeno nella sua vita clinica - in quella privata forse sì, ma anzi sarebbe una garanzia.<br />Per affrontare la sofferenza bisogna avere sofferto. Forse questo è il senso del processo di analisi didattica che qualcuno teorizzò anche come la scoperta del proprio nucleo psicotico.<br />In altri termini, uscendo dallo "psicanalese", per aiutare chi soffre occorre una profonda sensibilità. L'altro non va solo "compreso": va soprattutto "sentito". Così come occorre avere sviluppato gli anticorpi della sofferenza psichica per poterla riconoscere e non "farsi contagiare" riuscendo comunque a mantenere il contatto. Per questo non è improbabile che, essendo pochi ad essere usciti più o meno "in piedi" da un'esperienza psicotica, riesca più facile trattare le nevrosi e molto meno le psicosi.<br />L'esperienza più importante di tutte è quella della "rinascita", ovvero di una morte vissuta e sofferta di una propria identità biografica e la ricomparsa in nuova forma dopo una traversata nelle tenebre, nel lutto profondo, nella notte della ragione: bisogna morire a se stessi per potere rinascere nella luce.<br />Non intendo certo suggerire che per diventare psicoterapeuti sia indispensabile impazzire, né insinuare che quanti non hanno attraversato esperienze psicopatologiche personali non siano in grado di curare il prossimo.<br />Voglio solo sottolineare che la sofferenza psichica può essere un momento di alta formazione, anche quando non sia stata definitivamente superata; che i grandi terapeuti hanno spesso queste esperienze in comune; e che la sensibilità, o meglio il "sentire" è una componente fondamentale per sviluppare empatia per chi soffre.Ennionoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3225051.post-902066502003-01-20T01:40:00.000+01:002003-01-20T01:40:10.370+01:00<b>Il Mondo Teoretico</b>
<br />Perché combattere per una teoria? Perché accanirsi alla ricerca della sua falsificazione?
<br />Può avere un senso farlo solo se anche la confutazione è un processo narrativo come la teoria.
<br />La teoria è una forma artistica.
<br />E non solo come la intende Feyerabend. È letteratura dell'interno. Non può esservi teoria senza una vita interna, senza che esiste un mondo, pur anche minimo, da costruire e da vivere, da vedere, ascoltare, toccare.
<br />La persona incline alla teoresi è, almeno in questa attività un intenso estroverso e la sua opera va guardata come una poesia, come un romanzo epico da condividere, ritrovandovici o prendendone le distanze.
<br />La prova della teoria è innanzitutto estetica (come in parte descrive il <i>Bach, Escher e Godel</i> di Hofstader) e la bellezza e il calore, l'ospitalità e l'arditezza immaginativa sono le sue caratteristiche migliori. Una creatura come un figlio partorito da Minerva, dalla sua mente, come dal suo cuore.
<br />Mio figlio, Dimitri, a quattro o cinque anni mi spiegava che per trovare le risposte più vere doveva sospendere l'attività mentale, lasciando che il pensiero sprofondasse fino al cuore per poi riemergere con una risposta sentita, ispirata.
<br />Una storia da raccontarci, una storia sentita, vera per lui, un'opportunità per noi di condividerla, di viverla insieme senza minimamente giudicarla, ringraziandolo di questa offerta di un piccolo mondo nuovo, di un modo per ripensarci e ripensare al quotidiano troppo facilmente ispirato alla convenzione meccanicistica superstiziosa della nostra "realtà".Ennionoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3225051.post-902065942003-01-20T01:19:00.000+01:002003-01-20T01:25:53.000+01:00<b>Il lutto generatore</b>
<br />Duro a dirsi e soprattutto ad accettarsi, la trasformazione e la maturità passano attraverso la bara. Non è certo una novità, visto che molti rituali esoterici passano da lì e persino la predicazione di Cristo lo afferma.
<br />Eppure mi torna alla mente ritornando a leggere la vita di Jung. Dopo la sua separazione da Freud egli visse un'esperienza tra la depressione profonda e la più o meno esplicita dissociazione. Ne uscì non senza albergare in sé qualche fantasma. Tuttavia l'uomo che emerse era una persona diversa, molto lontana dall'altra tanto da poter apparire rinato a se stesso. Pagato il pegno alla sua biografia, lo spirito dell'antico prese il timone, qualcuno potrebbe dire che accettò di introiettare il padre, di farsi carico dell'animus conflittuale. Sta di fatto che solo il dolore, il profondo dolore, trsformò la sua vita come una formace alchemica e partorì un altro.
<br />Dobbiamo per forza passare di là per rinascere? Certo spesso l'unica possibilità per uscire da quei disperati <i>cul de sac</i> dell'esistenza è la rinascita, e quindi una qualche forma di suicidio. E quella del suicidio è l'esperienza più dura, subito dopo la resistenza al suicidio fino alla consunzione della malattia terminale.
<br />Persino la patologia tumorale è un'interpretazione somatica di questo dramma, quando esso non venga rappresentato nel teatro della psiche o meglio ancora in quello dell'identità.
<br />A questo proposito <i>I Ching</i> mi offrono la configurazione dell'<i>Assillo</i>:
<br />Sotto al lago si apre l'abisso che lo svuota dell'acqua. La situazione è quella dell'esaurimento (delle energie, della forza, della lucidità mentale, dell'anima...). Il segno precedente accennava ad un accrescimento incessante, un incedere senza sfogo che porta ad interpretare quest'immagine anche come "assillo".
<br />Ma è proprio questa la situazione che mette alla prova i caratteri. Superare il disorientamento e la perdita di riferiementi fondamentali che deriva dall'esaurimento dei sentieri dopo l'assillante esasperata insistenza a trovarne, quando questa si rivela vana e, quando ci si ferma, non si sa più dove ci si trova, dove si è andati a finire, chi si è diventati. L'assillo è formatore d'anime perché insegna a superare le beghe quatidiane e ad uscire dalla trappola samsarica del risentimento: solo accettando la radicalità della propria morte a sé stessi si può arrivare a dimenticare il dolore e il risentimento per chi veramente o nell'immaginario ci ha sballottati in questa corsa, nella moscacieca, nell'umiliante trabocchetto della rincorsa narcisistica. La separazione è il superamento della soluzione bellica e anche l'abbraccio di valori più alti: il salto ad un metalivello che valga la pena di vivere anche se può essere molto rischioso o difficile da governare. Non sempre va bene, soprattutto quando non si ha una fede interiore a guidarci.
<br />Le esperienze iniziatiche sono ricche di questi momenti. La schismogenesi di Bateson ne testimonia in altra forma.
<br /><i>I Ching</i> affermano che in queste occasioni, invece di arrendersi o provarle tutte, la persona forte cerca in sé la fede, ovverosia, "Il nobile mette in palio la sua vita per seguire la propria volontà" e rinascere realizzando l'opera o distruggendosi in un fallimento ultimativo.Ennionoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3225051.post-901817192003-01-14T12:38:00.000+01:002003-01-14T15:29:07.000+01:00<b>Mappa Transpersonale</b>
<br />Il termine "Transpersonale", impiegato da Emmanuel Mounier e il movimento personalista dal 1947 (ma anche dalla psicosintesi di Assagioli dagli anni '20) è passato in voga negli anni '70 con lo studio degli stati di coscienza modificati, dopo essere stato scelto ed enfatizzato da Abraham Maslow nel '69 come ultimo livello della sua famosa scala delle motivazioni umane. Il superamento di sé come bisogno nasce dallo studio delle esperienze di vetta (<i>peack-experience</i>). È la necessità di riporre un significato dell'esistenza che vada al di là delle contingenze quotidiane. Assieme al viennese Victor Frankl, al ceco Staislav Grof, a Carl Rogers, Jim Fadiman, Antony J. Sutich fonda in quell'anno il <i>Journal of Transpersonal Psychology</i> e spiega "Ritengo che la terza via costituita dalla psicologia umanistica debba essere trasizionale, una preparazione per una, ancor più alta, quarta psicologia, transpersonale, transumana, focalizzata sul cosmo più che su bisogni e interessi umani, che vada al di là dell'umano, dell'identità, dell'attualizzazione dell'Io e del resto.
<br /><i>I Padri</i>
<br />Carl Gustav Jung nel '17 introduce il termine "uberpersonlisch" e con l'idea degli archetipi dell'inconscio collettivo postula una dimensione ultrafisica pronta a ospitare le basi del transpersonale.
<br />Roberto Assagioli, 13 anni più giovane di Jung introduce nella psicosintesi dei piani dell'io che, sulla scorta delle discipline orientali, superano l'io e la coscienza strettamente personale.
<br />Robert Desoille, amico di entrambi, introduce il metodo del sogno da svegli guidato, spingendosi a descrivere esperienze prenatali, e comunque estranee all'identità del sognatore
<br />Victor Frankl nel 50, uscito da un campo di concentramento definì il suo metodo <i>logoterapia</i> (da <i>logos</i> verbo, significato creatore vivificante; contrappone alla "psicologia del profondo" la sua "psicologia delle altezze", a indicare (come già fecero Jung, Assagioli e Adler) la priorità della meta progettuale sull'assillo del passato causale o, come si direbbe più di recente, dell'euristico sull'ermeneutico.
<br />Graf Durkheim, di ritorno dal Giappone nel '55, portava a casa una terapia iniziatica fondata sulla consapevolezza del centro corporeo-animico, lo hara e sul rilassamento con "presa a terra", il grounding che verrà poi ripreso da Lowen.
<br /><i>Le tecniche</i>
<br />L'arrivo negli Stati Uniti di questo approccio, oltre all'attenzione di Maslow e altri ricercatori ha corrisposto soprattutto allo sviluppo di tecniche per veri e propri interventi transpersonali, come già in parte si faceva in Europa tra psicosintesi e sogno da svegli guidato. Le tecniche statunitensi sono improntate ad una esperienza di trance radicale e di estrema alterazione degli stati di coscienza (testimoniati già negli anni '70 da un noto film di Kurt Russell). Sicuramente le ricerche del farmacologo svizzero Albert Hofmann sull'ergot e su funghi e cactus sud-americani che dettero origine a sostanze quali l'acido lisergico o la mescalina, ampiamente sperimentate dal loro stesso scopritore, lasciarono il segno su un'intera generazione, da Erns Junger a Walter Voght, da Aldous Huxley a Timothy Leary per finire anche nei laboratori degli psicoterapeuti sperimentali come Stanislav Groff. Come molti altri, Groff si servì di queste esperienze per studiare i livelli di consapevolezza delle persone e la transizione previta-vita-morte(-rinascita).
<br />La tecnica più diffusa e più usata, partorita dallo stesso Groff, è quella dell'iperventilazione, o <i>respirazione olotropica</i> che ha poi posto il metodo usato da quelli del <i>Rebirthing</i> (Orr). Altre tecniche sono il <i>lying</i> di swami Prajnanpad o l'<i>illuminazione intensiva</i>di Yogeshivai Muni e Charles Berner.
<br />Osho Rajnesh e altri guru come Maharashi oltre a prediche e insegnamenti adottavano techiche di trance. Più complesso, il metodo buddhista ha rappresentato forse la via più osservata alla trascendenza dell'Io.
<br />Oltre a Tartang Tulku e Chyogiam Trungpa che hanno avvicinando le tecniche orientali all'occidente parlando la lingua dei destinatari, gli occidentali non sono certo rimasti fermi e i lavori di Ken Wilber e gli eredi di quel gruppo del transpersojnale hanno proposto modelli più moderni, per quanto vicini a quelli di Assagioli, nonché studi e osservazioni molto toccanti degli ultimi giorni della compagna.Ennionoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3225051.post-901813142003-01-14T08:42:00.000+01:002003-01-14T10:37:15.000+01:00L'Alchimia sacra e filosofica descrive l'Opera spagirica come una progressiva separazione delle impurità per giungere alla ricomposizione delle parti in una nuova forma, pregna della propria essenza e libera da condizionamenti e contaminazioni terrene. Può anche apparire stravagante che chi si adopera tanto a separare e rifuggere la materia come il mondano, poi dedichi l'intera sua vita ad esaltarlo. Fatto sta che la convinzione degli Alchimisti era anche che l'essenza di Dio fosse per l'uomo celata nella Materia e che il nostro compito sia quello di farla risplendere per renderla conoscibile a se stessa. Naturalmente, così dicendo, stiamo implicitamente affermando che l'Opera consente a Dio di prendere ogni volta nuova coscienza di sé. E ognuna di queste prese di coscienza è una fase dello sviluppo dell'umanità (o della singola persona) che si accende. Non deve sembrare troppo strana questa visione materiale della divinità, in quanto proprio Cristo, il Salvatore aveva esaltato il concetto nell'idea di resurrezione, non dello spirito, ma del Corpo, pur che debitamente purificato dalla morte a se stesso.
<br />Quest'idea non è altrettanto chiara, anche perché il più delle volte non condivisa dalle psicologie contemporanee, il più delle volte dedite ad un'operazione perniciosa, qual'è la sintesi, la condensazione delle parti, nell'Opera spuria, carica di ideologie, di contaminazioni, di compromessi e possessività di tipo proiettivo (o di identificazione proiettiva).
<br />La purificazione dalle parti, dai carbonati spuri, dall'attorcigliarsi delle maschere al sentire è il lavoro più lungo e penoso, quello che gli alchimisti chiamavano <i>nigredo</i> o "Opera al Nero" (la separazione del piombo e dei metalli pesanti in genere), resa celebre dal libro di Margherite Yourcenar.
<br />Il lutto della separazione dalle parti voluttuose che paiono le più vitali per arrivare alla rassegnata consapevolezza che le inquietudini e la sofferenza nascono dall'ambiguità dell'attaccamento è sicuramente il processo più lungo e quello meno glorioso, sia nella spagira che nella psicoterapia. Non di rado il lavoro si ferma qui, ad un elaborato consapevole delle proprie parti, accuratamente distinte e ordinate. La terapia delle nevrosi il più delle volte si ferma a questo livello intermedio. Questa è la ragione dei frequenti ritorni e ricadute.
<br />Non bisogna essere però troppo severi con queste evoluzioni incomplete: per molti clienti o pazienti che dir si voglia, questo traguardo è il massimo raggiungibile e già prima di giungere qui non di rado si esce sconfitti a metà percorso.
<br />La purificazione che fa da preludio alla <i>nigredo</i> è un buon punto per fermarsi con persone particolarmente giovani e comunque restie ad affrontare le dinamiche del lutto che costituiscono la vera essenza di questa fase. "Resta felice dell'apparenza, almeno fino a quando hai la possibilità, fortunata o sfortunata, di potervi rimanere.
<br />A questa fase si ascrivono gran parte delle terapie transazionali, comportamentali e di tipo cognitivo che lavorano sulla riparazione, possibilmente saltando il lutto e la separazione, la perdita della condizione di onnipotenza.
<br />Quando incominciamo invece a distinguere fra quanto appartiene alla propria identità e quanto le è estraneo iniziano i veri dolori, soprattutto perché la prospettiva che si offre non è tanto quella di ritornare guariti in discoteca, quanto quella di essere più soli anche quando si sta in compagnia.
<br />Spesso questa fase viene ben accetta nei pazienti che, in maniera agostiniana, si sono tolti i desideri peccaminosi nella gioventù e ora cercano un training per affrontare la maturità avanzata o l'inizio della vecchiaia.
<br />Sono restio ad accettare questi moventi, perché sono quasi sempre strumentali, intimamente carichi delle maschere dell'adolescenza che fanno da sfondo a definire per contrasto il presente. Persone di questo tipo si presentano cariche di vissuto, mentre non riescono affatto a vivere correttamente il "Qui e Ora" e per convincerci fingono, tenendo celati segretamente gli scheletri nell'armadio che continuano segretamente a vivere in parallelo la condizione adulta.
<br />Ancora più dolorosa può risultare quindi questa fase, perché i fantasmi vanno scovati, esumati e purificati uno per uno, con la fatica doppia di scovarli e riviverli da un lato, desiderarli, amarli e bruciarli vivi, dall'altro.
<br />Questo è il lavoro tradizionalmente condotto sull'<i>Io</i> e sulle sue parti dalle varie psicoanalisi più tradizionali, a quelle dell'Io, ma anche della psicologia sistemica e della famiglia di tipo esistenziale (Whitaker, Satir...) all'ipnosi ericksoniana, dalla psicologia umanistica fondamentale come soprattutto la Gestalt (dalla sedia che scotta di Pearls alla narratività di Poltster, apparentata con Knowles e poi Demetrio); perfino alla PNL (o NLP che dir si voglia) partendo dal lavoro sui metamodelli fino ai processi di identità di Dilts possono, in modi molto diversi affrontano più o meno in profondità la separazione dell'Io. Capita talora che non sappiano andare oltre la scomposizione, ma in genere il più delle volte arrivano a ricomporre un'idea (talora un ideale) di Io, non sempre avendo perseguito con sufficiente assiduità l'obiettivo dell'espoliazione e della purificazione.
<br />Superata questa fase, addirittura a metà dell'Opera al Nero si scorge all'orizzonte il profilo dell'<i>albedo</i>, l' "Opera al Bianco". In questa fase il <i>Sale</i> (metalli, parti pesanti dell'Io) sono stati separati, carbonizzati e inceneriti dopo che sono stati estratti e distillati anima e animus <i>mercurio</i> e <i>zolfo</i>, per venire poi riuniti e ridistillati fino a che non si ottiene il prodotto puro. L'Io puro non esiste, ovviamente, ma la fiducia ( talora contestata dai materialisti spirituali - alla Guenon - esperienziali) è che la persona giunta a questo livello abbia esperito questo suo Io in modo da discernerlo dalle manifestazioni del mondo, dalle sue maschere, e dall'irruzione delle contaminazioni.
<br />Questa fase dell'Opera corrisponde al perfezionamento e al potenziamento della propria immagine, lasciando che spontaneamente emerga l'intenso entusiasmo amoroso ispirato di completare il processo di identificazione e individuazione del sé, il gamete originario, l'archetipo di sé sia fine a se stesso che in realzione agli archetipi collettivi.
<br />Nessuno può realizzare un intervento su una monade, ma l'accoppiamento strutturale di cui parlavano Maturana e Varela può influire nella "rinascita del medesimo" nietzschiana e la relazione clinica può favorire la <i>rubedo</i> l'attivazione dell'energia che sprigiona dal nocciolo nucleare detto anche sé. Il "sé" va distinto dalla versione anglosassone che lo qualifica come un dato caratteriale di tipo personologico: si tratta di una contrazione di energia e materia, del gene originario, del proprio meme genotipico e fenotipico, l'archetipo che è la quintessenza di quanto ognuno di noi è scarsamente riuscito a divenire.
<br />L'Opera al Rosso è presente e ovviamente ancor più arbitraria che nelle altre fasi, in molte delle psicoterapie che si richiamano alla definizione "Traspersonale" espressa da Maslow come il punto più alto dell'evoluzione della piramide dei bisogni umani. Le scuole, o meglio i sentieri del transpersonale sono diversi e molto sfrangiati: si va dall'approccio più o meno religioso di matrice occidentale o orientale, alle formazioni più o meno esoteriche, alle vie più scientifico-sperimentali come il caso di molte metodologie psicoterapeutiche, dalle più remote Psicosintesi e Psicologia Analitica (o del processo di individuazione) jungiana, alle più moderne sinossi.
<br />Se la fase al Bianco è stata condotta bene, in quella al Rosso sarà l'interessato stesso a sapere che strade intenda intraprendere, il più delle volte passando dalla teoria alla pratica, riconoscendo "a pelle" l'insegnante.
<br />La via transpersonale è controindicata per le personalità deboli che non abbiano consolidato a sufficienza i livelli dell'Io. Il rischio di plagio e di truffa grave dell'anima è alle porte ogni volta che ci si muove in questo mondo e il seduttore diabolico ha facile presa in questi soggetti che diventano ben presto manovalanza o carne da macello di sette per persi.
<br />Nondimeno la persona evoluta fa gola tanto a buoni maestri che a millantati tali: è come potere disporre di una fonte di energia e di comunicazione straordinaria per quanto sono rare da trovare. Attenzione quindi a non cedere alla tentazione di declinare l'entusasmo per il sé ritrovato in finalità mondane. In questa fase il vero maestro non indirizza e men che mai seduce o persuade, ma segue e porta l'attenzione alle istanze individuali emergenti, consentendo alla persona di comprendere rischi e opportunità. Questo che stiamo percorrendo da un po' non è però più il fiume della psicoterapia: è ormai il mare dello spirito e la strada fin qui percorsa è stata così lunga che da un po' ognuno cammina con le proprie gambe per strade diverse. Com'è giusto che sia.
<br />Per il santo Milarepa, i maestri non potevano che essere molti, anche quelli cattivi, e ognuno di loro aveva aperto una parte di lui, in modo che, per quanto pieno di gratitudine, diventasse egli stesso maestro del prossimo.Ennionoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3225051.post-901500552003-01-07T02:03:00.000+01:002003-01-07T02:03:01.726+01:00Leggendo il testo dell'intervista rilasciata negli ultimi anni o mesi della sua vita da Jung credo di avere per la prima volta potuto, non solo accettare, ma anche eccitarmi dell'idea di <i><b>Archetipi dell'Inconscio Collettivo</b></i>.
<br />Quegli jungiani che hanno passato il tempo a saltabeccare fra miti greci e cavalieri medievali avrebbero frainteso il maestro, secondo il quale questi archetipi sarebbero delle configurazioni, dei pattern su cui insiste il comportamento collettivo. Come delle proteine, dei virus, avrebbero il potere di diffondersi nella comunità proprio come i <i><b>memi</b></i> di cui parla <i>Il Gene Egoista</i>.
<br />Proprio come il biologo sottolinea il valore del meme per una sostanzialità diversa da quella fisica, anche Jung, dopo avere ricordato la nostra tendenza a rimuovere "la materia di cui è fatto il fenomeno", perché un "fatto" (che lui chiama anche "fantasma") esiste, è esistito e continuerà ad esistere, sostiene che i "fatti" hanno una loro sostanza, un corrispettivo della fisica della materia o di quella dell'energia.
<br />Per questo possiamo considerare gli Archetipi dei geni della coscienza collettiva (preferisco quest'idea di coscienza, intesa come "stato di coscienza", a quella di inconscio). Sono dei modelli formali che precedono i miti; dei pattern nell'economia dei gruppi e dei popoli.Ennionoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3225051.post-901498622003-01-07T01:12:00.000+01:002003-01-07T01:30:32.000+01:00Martin Schönberger, in <i>The hidden key of life</i> edito nel 73 a Monaco e citato da Lama Anagarika Govinda ne <i>La struttura interna dell'I King</i> affianca l'ottetto degli esagrammi a quello della struttura del DNA dove "...i due cordoni di arresto UAA e UAG del codice genetico significano nel linguaggio dell'I King, RITIRATA (33) e ASTRAZIONE (12), mentre il segnale di partenza del codice genetico UAG significa IL VIANDANTE (56).
<br />Anche questo diario nasce dal viandante. La partenza è sempre piccola e incompresa, ma per questo forte del potenziale energetico che l'entropia non ha ancora consumato.
<br /><i>IL VIANDANTE</i> è la neghentropia, proprio come lo zero dei Tarocchi, il cosidetto matto che molto meglio sarebbe rinominare appunto "il viandante": l'incrocio del nastro di Möbius, il paradossale inizio e fine della retta o dell'infinito.
<br />All'inizio non è l'Aleph o Mago, perché l'inizio vero coincide con il termine, con la fine. L'inizio è l'intangibile "punto", il collasso degli estremi, il paradosso fisico della massa imponderabile, senza peso. L'inizio è il <i>sé</i> nel senso jungiano, <i>L'Unico</i> in quello di <a href="http://www.martignago.com/altro/altro/Tesi.html">Stirner</a>... e ancora l'<i>atman</i>, "l'eterno ritorno del medesimo" o la <i>bodichitta</i>. Come il tao è per l'universale, il viandante è per il vivente.
<br />Con l'Aleph, con il Mago, nasce l'<i>Io</i>, e con esso la Storia, in quanto declinazione delle <i>Proprietà</i>, nel senso che ne dà Stirner, ad un tempo di possedimento e di attributo. Il sé è spoglio e neghentropico fino a che ad esso non vengono conferiti degli attibuti, fino a che non viene coniugato con delle qualità che diventano immediatamente i suoi primi possessi, appunto, il doppio senso del concetto di proprietà. L'idea dell'io come prodotto del Demiurgo, da altri chiamato il "Re del Mondo". Per seguire il Cristo occorreva abbandonare quel che si aveva, non tanto i soldi come hanno voluto insegnarci le chiese, quanto gli attributi, il "proprio" le proprietà distintive di sé, l'Io, essere dei risorti, dei morti a se stessi o, più precisamente, morti dell'Io e risorti del sé.
<br />Ogni pezzo del nostro "IO" è una manifestazione del Demiurgo della Gnosi, che ci seduce con la vanità del possesso, degli attributi o, come dicono i tibetani, dell'attaccamento.
<br />Il padrone del velo di Maya ci seduce con l'illusione della "Realtà" che altro non è se non la decadenza dell'entropia. Il regno degli attributi è un bluff destinato a scomparire, a svuotarsi, mentre l'anima dovrà disperarsi per ritrovare il sé.
<br />Allora il passaggio dal Mago è sbagliato. No. Non solo è inevitabile, ma è l'inizio dell'Alchimia, la Grande Opera, che prima o poi riesce a portare alla neghentropia qualche pezzo di vita. La vita non è maya, è energia e fenomeno. È la Dama prigioniera nel Castello che l'Eroe deve salvare, portandola alla verità (sottraendola dalla "Realtà"=Castello=Maya=Mondo).
<br />Fino a che però continueremo a vederla nella maniera occidentale del bene contrapposto al male saremo sempre nelle mani del Demiurgo. Per questo occorre vederla come una danza i cui si esalta la grandezza di Dio, del Dio supremo che preferite e che in tutte le religioni c'è, compreso fra gli atei.
<br />Prima di tutto però, la lezione insegna, si parte dal Viandante, sapendo che Viandanti si torna.
<br />(dedicato a Giorgio Gaber, viandante della morale, parte dell'anima di questa esistenza)Ennionoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3225051.post-900991042002-12-29T11:51:00.000+01:002002-12-29T11:54:26.000+01:00Sono letteralmente impazzito a cercare nel <i>I Ching</i> i punti di simmetria fra il sistema antico e quello più recente e ulteriormente fra l'ottetto dei trigrammi simbolici e la cinquina degli elementi. Altri, soprattutto nell'agopuntura, si sono alambicati a trovarne, ad esempio creando due elementi fuoco distinti.
<br />La cosa peggiore è cercare la sovrapposizione con i nostri sistemi, multipli di tre e quattro, che in fondo derivano dalla divisione dell'anno in 12 mesi, per spingersi con Morpurgo ad affermare l'esistenza di 12 pianeti (e Haram sostiene che nell'antichità era noto che ve ne fossero 12).
<br />Sono arrivato alla conclusione che non è possibile. Che la legge della simmetria (in fondo spazio-temporale) è estranea al modo di pensare dei paesi che adottano linguaggi non alfabetici, quindi non combinatori, né simmetrici. Non posso dire se sia nato prima l'uovo o la gallina, ma di certo capisco quando Jung sosteneva che l'amico Wilhelm, straordinario e geniale sinologo che portandoci <i>I Ching</i> ci ha dischiuso un universo del tutto inaccessibile all'uomo che non vi si sacrificasse anima e corpo, sia stato distrutto dalla doppia appartenenza ad anime, quella Occidentale sistematica e quella Orientale fenomenologica.
<br />Non potendo assumerli separatamente, 8 e il 5 non sono riconducibili a 3 e 4: 40 diviso 12 dà un 3 periodico, che forse è la cifra segreta del paradosso dell'umanità, il pi greco della comunicazione fra emisferi, fra maschile e femminile, fra animo e anima, fra ovest ed est.
<br />Più strano è invece il fatto che 12 diviso 40 dia un più netto 0,3... riecco spuntare il mio occidentale bisogno di simmetrie!
<br />;-)Ennionoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3225051.post-900990722002-12-29T11:04:00.000+01:002002-12-29T11:04:11.876+01:00L'alternativa al destino è la manifestazione, così come il mutamento è un fenomeno narrativo che inficia il predominio della time-line causale.
<br />Non vi è libero arbitrio né mancanza di libertà se si pensa che si è quel che si è e si vive la vita propria di quel che si è.
<br />"Sono quel che sono!" è la massima affermazione, nel contempo, di libertà e di dipendenza dal destino. Tuttavia, il fatto di essere chi si è non significa che quello che ci avviene sia fisso e prestabilito. La manifestazione di chi si è è variabile, non causale, narrativa, in quanto si tesse combinandosi con trame diverse, adattivamente o creativamente. L'adattività e la creatività non sono alternative: sono la stessa cosa, vista da fuori o da dentro. Adattabilità pura e creatività pura sono uguali a nulla: nel primo caso perché ci si annulla, nel secondo perché nulla può essere creato se non inserendosi almeno parzialmente in qualcosa.
<br />Per questi <i>Il Libro dei Mutamenti</i> o <i>I Ching</i> rappresenta la mutazione della manifestazione e non il divenire del destino. Parla delle manifestazioni possibili all'interno di una data configurazione con una percentuale di adattamento <i>Yin</i> e una di creatività <i>Yang</i>.
<br />È come il mutare d'abito, di costume e delle trame, dei canovacci, delle configurazioni simboliche, dei copioni e il loro succedersi in un divenire non-sequenziale, né solo ciclico, ma ipertestuale, o addirittura ipermediale.
<br />Goffman conosceva <i>I Ching</i>?Ennionoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3225051.post-900984462002-12-29T02:43:00.000+01:002002-12-29T02:43:52.086+01:00Il divenire è possibile senza una variazione delle condizioni temporali o di quelle spaziali? Non è forse vero, dunque, che è il tempo la causa e l'essenza stessa del mutamento?
<br />A ben pensarci lo spazio e soprattutto il tempo sono delle condizioni per nulla necessarie a descrivere il cambiamento. Il prima, il poi, il dove sono condizioni aggiuntive: si viene tirati per i capelli spesso al fine di introdurli anche se il nesso non è così sicuro.
<br />"Dopo mangiato sono uscito a trovare Gino". Il fatto che sia andato da Gino non può essere legato in nessun nesso al fatto che abbia cenato, non ne è né la causa, né una precisa collocazione temporale. Se avessi detto "dopo avere preso le chiavi della macchina sono andato da Gino" o "ero da Gino dopo un lungo viaggio in macchina" le collocazioni temporali erano ancora diverse e altrettanto povere di informazioni.
<br />Il fatto è che "essere da Gino" o essersi recati da lui sembra un fatto povero senza una collocazione spazio temporale, anche quando - come quasi sempre - non servirebbe affatto.
<br />La "collocazione del discorso" è una di quelle che Bateson chiamava "punteggiature", come quando diceva che il Potere non esiste e che siamo noi che punteggiando con esso le nostre frasi forniamo un valore di significatività ad un concetto astratto, privo di declinazioni puntuali, ma carico di ideologia e di plus-valore emotivo.
<br />Lo stesso vale per Spazio e Tempo, anche quando sembrano idee fin troppo innocue. Proprio in ragione di quanto siano minimali le idee si rendono facilmente pervasive e contagiose. Il Tempo e Lo Spazio sono il letto di Procuste che impoverisce e umilia il nostro pensiero e lo spirito.Ennionoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3225051.post-900977012002-12-28T20:36:00.000+01:002002-12-28T20:59:11.000+01:00Proseguendo nella direzione di Kant, sia Bernhard che Bruner ribaltano l'idea di spazio e quindi di tempo. Lo spazio non esiste in sé, neppure come categoria trascendentale: è un attibuto dell'entelechia, dice Bernhard, esiste solo nell'alveo del destino dell'esistente, della sua direzione, il suo senso.
<br />Al di là del senso non abbiamo ragione di credere che esista qualcosa come lo "spazio", né altro di simile. Quanto sia importante quest'osservazione lo intendiamo ancor meglio se usciamo dall'interesse tutto giudeo-jungiano di Bernhard per fermarci all'idea che lo spazio esiste nella delimitazione. Come dire che la retta è un concetto talmente astratto da diventare irrilevante o onnicomprensivo. Lo spazio è nel regno dei segmenti di retta o di curva (in questo anche le geometrie non euclidee sono euristicamente povere). Il segmento è il dominio dell'oggetto e dell'identità.
<br />Per comprendere meglio l'idea ricorriamo allo sviluppo infantile. Brunner ci fa osservare in proposito che lo sguardo dei neonati non coglie lo spazio perché non lo distingue. Potremmo forzare l'idea dicendo che in fondo nel neonato l'esperienza dell'esistenza, del vivere, della presenza è un indistinto. A dare il senso del tempo saranno le regolarità, come i cicli nittemerali. A dare quello dello spazio è l'attività motoria. Prima ancora di imparare a camminare arriva la prensione e la prima prensione è la suzione.
<br />Mano a mano che succhia, ad ogni poppata la pupilla si esercita a mettere a fuoco. Lentamente la messa a fuoco e il comportamento genitoriale lo porteranno a segmentare lo spazio in oggetti e questi sono solo perché dotati di senso.
<br />Questo vuol dire anche che lo spazio è un attributo, ovvero un pretesto per il significato. Spostandoci sulla strada dell'autopoiesi potremmo sostenere che spazio e tempo non esistono in sé, ma solo come declinazioni del significato. Insomma si esce e si rientra in continuazione dal dominio kantiano, pur allontanandocisi nell'annicihilimento della categoria. Il mondo è costruito su due coordinate pretestuose.
<br />Lo spirito, l'anima forse, ha bisogno di coniugarsi con il mondo. Lo spirito è l'unica retta e l'unica iperbole possibile. Cosa se ne fa del suo stato di iperbole? Perché giungere in vita se non per sperimentare la condizione di esistere, l'esistenza come segmentazione del dominio del significato? Dare il nome alle creature di Dio e moltiplicare nomi in quanto attributi di significato, questo il senso mitico della condizione umana.
<br />Tanto è importante che Babele può in proposito essere considerata come una grande opportunità, più che come una dannazione. I miliardi di sfumature con cui descrivere il creato, ovverosia gli stati dello spirito.
<br />Il sentire diverso è la differenza fra le parole, l'arricchimento, la moltiplicazione per separazione dei cromosomi di significato.
<br />L'anima cresce nella parola, nello stesso modo in cui lo spirito rischia di spersonalizzarsi nell'identificazione delle sue parti in mille segmenti spaziati e in altrettanti segmenti temporali per di più elevati geometricamente per le lor infinite combinazioni.
<br />La parola passa dall'essere la manifestazione del significato in quanto unica vera dimensione dello spirito (e in quanto tale arricchente), al divenire la vera malattia dell'anima che finisce per assorbire le proiezioni del significato, prima attribuite agli oggetti e poi da questi restituite. La fede nel linguaggio segmenta l'io, cerca di fare altrettanto con l'anima e questa nutre il timore ingiustificato che possa verificarsi lo stesso nello spirito.
<br />Non è però possibile, perché la segmentazione e quindi lo spazio e il tempo dotati di legittimazione propria sono falsi, offuscano e falsificano la percezione della verità ai nostri occhi e a quelli dell'anima, ma certo non possono intaccare la verità che abita lo spirito che è in ognuno di noi lo stesso.
<br />La persona non è un segmento dello spirito, ma piuttosto un suo passaggio, una variazione, una variazione tonale nella sinfonia di tutte le musiche e le arti esistite, a venire e potenzialmente irrealizzabili.
<br />Il luogo, il tempo e l'identità sono periodi sui quali però non riusciremo forse mai, fintanto che siamo vivi, a non parametrare ogni evento e ogni scelta del nostro piccolo segmento di esistenza.Ennionoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3225051.post-900616142002-12-17T10:16:00.000+01:002002-12-17T11:34:21.000+01:00In una sequenza de <i>I Ching</i> viene espressa la naturale evoluzione del conflitto.
<br />Questo viene descritto come <i>Contrapposizione</i> (<i>Kkui</i> il lago su cui poggia la fiamma) fra mentalità, modi opposti di pensare impossibili da integrare.
<br />Da qui tuttavia parte l'avanzata del tenero, del debole che, facendosi strada grazie alla condiscendenza del forte cerca di emergere, di liberarsi. Berne potrebbe descrivere questo processo come l'espressione della parte bambino costretta e soggiogata nell'inconscio.
<br />All'inizio di questa risalita, quando il contrasto si fa sentire i soli risultati che si possono ottenere sono minimi. L'Io comprende quest'istanza emergente, senza per questo perdere la propria integrità, il proprio carattere distintivo, la sua sicurezza. La contrapposizione non va sanata e gli incontri fra l'adulto e il bambino sono casuali, improntati da disponibilità senza integrazione.
<br />Le cose non possono procedere nell'indifferenza e i conflitti di mentalità e di interessi generano situazioni di blocco, ovverosia di <i>Impedimento</i>, difficoltà: in <i>Kienn</i> il fuoco diventa monte e il lago alla base diventa acqua. La situazione va cioé alla radice delle mentalità, ai valori, agli interessi primari e lì si irrigidisce. A questo punto è meglio che le parti si ritirino verso la propria persona per "coltivare il carattere", ma non con spirito di rinuncia. È una ritirata funzionale, si tratta di ricorrere alle energie che provengono dagli amici che si sentono richiamati dalla persona che è in grado di soffermarsi nell'intimità, di "stare" e non necessariamente di "fare". L'unico "fare" che rende importante questa fase ("Grande invero è il tempo della contrapposizione" ma anche "L'effetto di un tempo di impedimento è invero grande") è trovare una persona che sia di esempio o di aiuto, in grado di rinforzare e di riconoscere la perseveranza e il lavoro su di sé. Nei periodi di impedimento, di blocco, la disciplina del sé (la cura del prato o il tiro con l'arco zen, ma anche la meditazione, l'analisi...) è particolarmente efficace. Questi sono i momenti per coltivare parte dell'opera al nero alchemica, la separazione dagli attaccamenti e dagli egoismi idealistici per scoprire che si tratta spesso di forme di nevrosi perché si sono progressivamente allontanate dalla modestia della realtà per vivere una vita propria. Ma la vita propria degli ideali e delle passioni è la schiavitù di chi li nutre di sé.
<br />Questo processo di ritiro e di disciplinata disponibilità fa sì che la componente bambino, l'istanza debole soffocata nell'integerrimità dell'Io possa liberarsi ed emergere alla superfice per esprimere le proprie ragioni. Questa <i>Liberazione</i> (<i>Hie</i>), questa distensione fra le parti. Il contrasto fra l'acqua abissale e il monte ha fatto sì che dal monte si generasse il tuono che muove le acque rese torbide dall'immobilità, le chiarisce e le anima. L'esplosione è come la rabbia, come lo schianto emozionale che spezza il ghiaccio dell'anima e libera le sofferenze e i desideri costretti all'interno.
<br />Niente come il pianto liberatorio dell'Io che cede il posto alla parte debole, un grande sfogo di emozioni, ma anche un ritorno delle parti di sé alle radici, alla casa di origine per comprendersi e riappacificarsi. Niente in questi casi funziona meglio del perdono, della comprensione e della sospensione delle pene e delle accuse.
<br />Certo non esiste nessuna riappacificazione senza qualche rinuncia da parte di almeno uno dei due. Per ricomporsi occorre una <i>Minorazione</i> (<i>Sunn</i>) di qualcuno, un sacrificio di parte dei desideri e degli ideali per arrivare a una nuova unità che è anche una forza maggiore. Prima c'è la sofferenza di recidere parte di sé, ma se questo lavoro viene fatto bene e con onestà tutto sarà più semplice, le parti combaceranno come i poli opposti dei magneti si attraggono per unirisi. "Minorare il solido, l'inferiore", l'Io che sta alla base, l'adulto, per "accrescere il tenero, il superiore", il bambino, il debole che vuole emergere in superificie: questa operazione di vivisezione e di ricomposizione <i>I Ching</i> la definisce "cultura del carattere".
<br />I frutti di quest'operazione si raccolgono nel volgere di una stagione o due e porta la gioia racchiusa nell'energia del debole che si esprime e nel recupero di sicurezza dell'adulto. Il moimento qui segue le leggi della natura e non va forzato. Tutta l'energia va investita nell'equilibrio e nel mantenimento del centro di sé per vivere al massimo il periodo dell'<i>Accrescimento</i> (<i>I</i>), stagione in cui sbocciano i fiori e il senso dell'intimità del tramonto è più ricercato.
<br />Lasciarsi andare ad intraprendere le cose della vita che si impongono a noi senza grandi resistenze mentali, il tutto in dolcezza e armonia, lasciandosi guidare dalle sensazioni, dalla bontà e dalla bellezza per seguire e dal male e dal brutto per cambiare strada. Si è lavorato troppo prima e ora si raccolgono i frutti di una rinnovata armonia. L'ultimo momento in cui l'adulto e il bambino vivono insieme prima di separarsi.
<br />Questo avviene quando la serenità del lago sale al punto di ambire al cielo anche se è impossibile. L'armonia genera uno <i>Straripamento</i> (<i>Kuai</i>): il debole deve separasi dal forte, il bambino deve crescere staccandosi dall'adulto, le istanze costrette e poi espresse devono abbandonare il loro carceriere poi divenuto ospite e mentore. Se così non fosse sarebbe pericoloso, si entrerebbe in una situazione di degenerazione. Questo va spiegato alla parte debole da un Io per niente aggressivo, per quanto determinato: "la verità dev'essere proclamata". Bisogna che il forte faccia comprendere il pericolo al debole e o aiuti ad elaborare il lutto. Il tutto va espresso con una decisione generosa del forte che rinuncia alla sua gloria e al narcisismo. Una tale decisione non basta che venga detta con le parole: deve prendere corpo in un'iniziativa, un'azione, un'impresa, perché solo così non ci sarà l'eterna tentazione a restare, a tergiversare, temporeggiare, favoleggiare un ritorno a uno stato ideale irreale.
<br />La luminosità del forte generoso e disinteressato a sé, se da un lato consente la separazione della parte bambino, rende l'adulto vulnerabile all'incistamento di altre parti deboli provenienti dall'esterno, inquinamenti del mondo, tentazioni, ma anche ospiti seduttivi che rischiano di rovinare il lavoro fatto su di sé per indebolirsi molto di più di quando si era iniziato.
<br /><i>Kou</i>, <i>Il farsi incontro</i> è però un'altra storia. Quello che occorre sapere alla fine di questo processo maieutico di crescita (o di analisi, se preferite) è che alla fine è bene che l'Io ricostruisca la sua Mappa del Mondo, indicando le direzioni in cui intende muoversi e quelle che ritiene sbagliate, ridefinisce un suo metro di valori e delle sue leggi, delle regole da mantenere e da fare mantenere.
<br />Tutto questo però fa parte di un'altra storia che prima o poi leggeremo e racconteremo a noi stessi nei filò invernali dell'anima.Ennionoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3225051.post-900285402002-12-09T00:18:00.000+01:002002-12-09T00:23:28.000+01:00Ernst Bernhard è stato in fondo il padre della corrente jungiana in Italia. Un apocrifo jungiano: quindi, un apocrifo di un apocrifo. Un nomade, come si definisce, un beduino come si rappresenta essere stato Gesù: più Ismaele che Isacco, più Esaù che Giacobbe.
<br />Egli fu tratto via dai campi di concentramento da uno dei più grandi italiani, l'orientalista Tucci.
<br />Scrive Bernhard nel '34: "Accogliete con amore i vostri nemici, il vostro lato d'ombra. Realizzateli dentro di voi. Non accontentatevi di ciò che vi viene incontro dal di fuori. Fate che sia motivo a un'ulteriore presa di coscienza. (Guancia destra e sinistra)".
<br />Altrove egli simboleggia l'avvicinamento all'Italia come uno spostamento dalle radici patriarcali dell'ebraismo che si disintegra insieme all'arianesimo, per approdare alla Grande Madre orientale (alla Neuman) mediterranea e orientale.
<br />Il sentimento della pace è una radice della terra che si sviluppa lentamente e va coltivata a lungo. Il pensiero dei nemici come ombra da realizzare al nostro interno è profondamente presente anche nella cultura buddista delle cui tecniche meditative, una si sviluppa nella raffigurazione di sé intenti a fare del bene ai nostri peggiori nemici.
<br />Quanto è lontana da tutto ciò la storia del popolo di Israele narrata da un Libro carico di persecuzione e vendetta da e verso i nemici di un Dio solito incutere timore.
<br />Quel Gesù che coltivò in Egitto tutta la sua formazione era un beduino, certo o probabilmente, probabilmente vicino al Dio d'amore che sempre lasciò che perseguitassero i suoi seguaci, l'Ammon solare, così simile a Dio Mitra di provenienza persiana che aprì la strada al cristianesimo di Paolo. Quel Paolo che Bernhard indica essere l'origine del fraintendimento, dell'inesattezza. Siamo sicuri che fosse un'inesattezza. Oppure esistono gli ebrei apolidi, quelli del deserto, se non matriarcali, in fuga dall'autorità e dal Timor Dei; e poi gli ebrei del Tempio, i sacerdoti, figli si quanto di più patriarcale, la norma, la regola, la Legge...
<br />Forse che il beduino ha Timore del sacerdote... timore di tradire?
<br />Oppure alla radice di un certo sentire ebraico dissidente c'è consapevolezza del proprio essere ombra e desiderio di essere riassimilato in una nuova unità?
<br />Il sogno di Bernhard che vede l'identità speculare di Cristo con Pilato forse simboleggia la modernità del sentimento religioso: un sentire che supera la dialettica delle Origini?Ennionoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3225051.post-900164412002-12-05T13:55:00.000+01:002002-12-05T14:01:55.000+01:00Il Pozzo, scrivono <i>I Ching</i> è <b>la radice del carattere</b>.
<br />È il punto di riferimento di quanto si muove attorno a lui eppure non agisce.
<br />Un'altro aspetto interessante del Pozzo è che spesso dalla superficie non si nota e sembra un oggetto insignificante.
<br />Sotto quel piccolo varco, spesso neppure identificato con precisione si apre un autentico baratro, un habitat sotterraneo molto più ampio di quello che sta sopra.
<br />Pur essendo il punto fermo che distingue i comportamenti che hanno un centro e quelli che si agitano come mosche ubriache, non è privo di pericolo per chi non lo comprende e, nonostante questo non lo rispetta.
<br />Dovrebbero insegnare il pericolo del Pozzo tutti i genitori ai propri bambini.
<br />Quanti Pinocchi adulti giocano con il pozzo e senza neppure rendersene conto perdono il senso di sé?
<br />Questo è il senso del monito del libro, quando avverte che non percorrere l'Opera fono in fondo ("si è quasi raggiunta l'acqua, ma non si è ancora ben giù con la corda") o comportarsi in maniera goffa e irrispettosamente inconsapevole di quanto si sta facendo ("si infrange la brocca") sarà una sconsideratezza infantile che costerà cara.
<br />Non si scherza con l'anima come non si gioca con il Drago.
<br />Il Pozzo è quintessenziale e opera l'alchimia purificando l'anima con la sicurezza di un punto fermo che non serve gli interessi di nessuno, ma le regole del centro.
<br />Non tutti i pozzi hanno la stessa valenza. Una falda periferica può essere sporca e velenosa. Il Pozzo del paese era un punto di riferimento vitale della vita pubblica.
<br />RIcordo il Pozzo che c'era al paese di mia nonna negli anni sessanta. Aveva una gabbia in ferro battutto tutt'attorno raffinatissima, segno della cura, del rispetto e del valore che i cittadini attribuivano ad esso. Tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli ottanta fu smantellato. Il paese non aveva più un centro, non aveva più un'anima. Questo cambiamento, la fuga dal paese probabilmente avvenne prima che fosse ricoperto il pozzo.
<br />La falda però non è morta: è solo coperta. È l'alito del Drago, l'energia della Terra che continua a fluire e si conserva in attesa che l'anima delle persone si risvegli: aspetta che il bisogno di purezza ritorni sulla superficie e che ci sia disponibilità nelle persone ad affrontare la purificazione alchemica del proprio profondo ancestrale.
<br />Oggi i pochi pozzi rimasti disponibili si trovano in rari paesini periferici, ma più spesso in luoghi sconosciuti ai più, dove i sempre meno rari ricercatori dell'anima o quelli che anelano un ritorno ai fondamenti, si recano in pellegrinaggio e vi rimangono in una contemplazione.
<br />Il vecchio pozzo vituperato di un tempo ora diventa per alcuni un grande valore che supera le contingenze dei desideri per andare dritto al cuore del senso della vita e delle vite.Ennionoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3225051.post-900106422002-12-04T03:43:00.000+01:002002-12-04T03:44:31.000+01:00In questo periodo il mio centro è molto vicino all'esagramma de "I Ching" chiamato "Il Pozzo".
<br />Nel disegno il trigramma del legno poggia sull'acqua, ma la sentenza è meno leggera e molto meno sfuggevole:
<br />"Il pozzo.
<br />Si cambi pure di città, ma non si può cambiare il pozzo.
<br />Non cala e non cresce.
<br />Essi vengono e vanno ed attingono al pozzo.
<br />Se si è quasi raggiunta l'acqua del pozzo, ma non si è ancora ben giù con la cordaoppure se si infrange la brocca, questo reca sciagura".
<br />Nell'immagine, poi, si delinea il nobile che anima il popolo ed esorta gli uomini ad aiutarsi.
<br />Per ora lascio che l'immagine permei di sé il mio spazio interiore, meditando lungo il cammino: il Pozzo è sempre lì!Ennionoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3225051.post-900105052002-12-04T03:00:00.000+01:002002-12-04T03:02:26.000+01:00Questa in fondo è la continuazione del mio primo casuale weblog "<a href="http://www.xanga.com/guestbook.asp?user=maister"><b><i>NoWhere memories</i></b></a>" su Xanga nel quale scrivevo: "Qual'è la colonna sonora del nomade, dello straniero nella sua stessa vita. Penso possa essere il silenzio da una campana di vetro da cui si percepisce lontano il boato della strada giusto là di fuori. "Qualunque sia la ragione per cui la grandezza si esaurisce, è sicuro che essa perde la sua patria. Per questo segue poi il segno: il Viandante. Di chi gli amici son pochi, quegli è il Viandante. Il Viandante: sue sono le vie secondarie e le cose piccole. Stare in sé stesso e perseverare sulla propria strada: il senso del tempo del Viandante è invero grande" I Ching - esagramma 56" <a href="http://www.xanga.com/item.asp?user=maister&tab=weblogs&uid=46073">Posted 3/17/2001 at 12:04 pm</a>
<br />[edit]Ennionoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3225051.post-74843192001-11-29T01:37:00.000+01:002002-12-04T02:30:42.000+01:00Un diario di evocazioni e improntitudini. Un messaggio in bottiglia lanciato da un'astronave della mente.
<br />Tracce sulla sabbia di Psyché.Ennionoreply@blogger.com0